2017. La mia prima lettera ad un giornale

Lettera di Carlo pubblicata su Avvenire (giornale della CEI) venerdì 10 novembre 2017

Link all’articolo di Avvenire

 

Caro direttore, vorrei ringraziarla con tutto il cuore per aver dato spazio ad articoli in cui la condizione omosessuale è vista sotto una nuova luce. Sono nato a Firenze nel 1971, in una famiglia laboriosa e genuinamente cattolica e da sempre ho seguito un cammino di fede, prima in parrocchia, poi nell’associazionismo cattolico. Ma fino al 2005 ho vissuto con un’inquietudine di fondo: vivevo nella certezza di non saper amare.

 

Riempivo le mie giornate di preghiere, attività, volontariato in una continua lotta interiore per raggiungere un riconoscimento e una piena valorizzazione da parte della famiglia e della comunità. Ma era una partita senza fine, perché senza fine era la mia mancanza di autostima. Tutte queste azioni, infatti, erano un bellissimo paravento che nascondevano il mio profondo rifiuto ad accettare il fatto che fossi attratto dagli uomini.

 

Come in tutte le situazioni in equilibrio instabile arriva il momento in cui la vita ti chiede il conto. In quel periodo di crisi mi assillava la domanda: cosa avrà voluto dire Gesù ai suoi discepoli con la frase “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua“? Mettendomi nei loro panni – in quel momento ignari della resurrezione – mi pareva un invito senza senso. Un sacerdote durante un’omelia mi offrì la chiave di lettura di questo mistero: vista la particolare ignominia del supplizio della croce, Gesù invitava i suoi discepoli a seguirlo pur sapendo che avrebbero potuto perdere la reputazione.

 

E fu in quel momento di prostrazione che ho conosciuto il volto del Dio di Gesù Cristo, la forza dirompente del perdere la faccia, la profonda libertà che dona la verità di sé. Dio mi ama e mi ha creato così come sono. E poiché l’uomo è creato a Sua immagine, Dio uno e trino, io non posso non amare. Non ho scelto di essere omosessuale (anzi ne ho provate di tutte per cambiare) ma posso e devo scegliere come vivere questa condizione. Credo fermamente di doverlo fare nel seno della Chiesa, che è madre e maestra di umanità, che mi ha donato la vita di fede e mi dona la ricchezza dei sacramenti.

 

Io sono figlio di questa Chiesa, e amo e rispetto coloro che sono chiamati ad amministrare la ricchezza dei doni dello Spirito. Ma sono anche pienamente convinto che in forza del battesimo il Signore mi abbia fatto diventare sacerdote, re e profeta. E come tale, reputando una vera e propria bestemmia rifiutare la sua opera in me, sono chiamato a vivere la totalità del mio essere qui ed ora.

 

Nel 2005 ho incontrato l’uomo con cui sto camminando lungo questi nuovi sentieri, un vero dono di Dio, un compagno con cui ho scoperto la gioia dell’amore e della speranza, della dedizione e della fecondità. Inizialmente non è stato facile, ma dopo dodici anni lui è parte della mia famiglia, come io della sua e anche i nostri rispettivi colleghi di lavoro e i vicini di casa (tra l’altro in una realtà multietnica di provincia) ci hanno accolto come fossimo una famiglia; anche le comunità parrocchiali che frequentiamo ci considerano come tale.

 

So che stiamo percorrendo sentieri nuovi e paradossali, ma so anche che la saggezza della Chiesa saprà valorizzare il buono che c’è in queste esperienze di vita. Reputo “Avvenire” un prezioso strumento di riflessione della Chiesa cattolica italiana, e sono contento di trovarvi uno sguardo amico e di attenzione sulla mia vita. Ringraziandola per aver avuto la pazienza di leggere questo piccolo squarcio di vita vissuta, le porgo i più sentiti saluti e auguri.

 

Carlo S.